Il premio #diPubblicoDominio, patrocinato dall’Ordine dei Giornalisti della Lombardia, è promosso da glistatigenerali.com in partnership con Global Thinking Foundation, per finanziare la produzione indipendente di inchieste su tematiche di rilevante interesse pubblico. Federica Ginesu è la vincitrice dell’edizione 2020 del Premio Giustolisi “Giustizia e Verità”, intitolato alla memoria di Franco Giustolisi, uno dei più importanti giornalisti d’inchiesta italiani, per la sua inchiesta “La violenza istituzionale che separa madri e figli”.
Noi l’abbiamo intervistata.
1. Federica, un’inchiesta che parla di una giustizia tardiva e cieca, che somma violenza a violenza sulle donne già vittime di violenza fisica. Secondo Te i problemi risiedono maggiormente in una normativa sfilacciata e poco efficace, da riformare tra civile e penale, oppure in una persistenza di una cultura che, fino alle aule del Tribunale, sposta il peso di un giudizio che dovrebbe tenere dovuto conto delle circostanze nelle quali la vittima vive un’isolamento sociale ed economico?
Penso che sia una questione che si estende a entrambi gli aspetti. L’ambito legislativo quindi e la cultura patriarcale che permea la nostra società e non riconosce la violenza di genere, non dà credito alla voce delle donne, alle loro storie.
2. In questo quadro investigativo, intervenendo anche una giustizia minorile, cosa bisognerebbe fare per una maggiore sensibilizzazione nel far comprendere che finché non si elimina questo tipo di violenza, il costo sociale e umano si scarica, oltre che sulla società, su vittime innocenti che rappresentano una nuova generazione attonita di fronte all’indifferenza di un serio contrasto al male ed alla violazione di diritti umani universali?
Servirebbe riconoscere non solo la violenza di genere di per sé, ma anche le conseguenze della violenza maschile sulle donne. Se ne parla poco, è una questione sottostimata. Ci si ferma a invitare le donne a separarsi dal compagno violento, a denunciare, senza tenere conto che non sempre è facile farlo. Quando le donne spezzano la spirale della violenza, devono affrontare un dopo che, soprattutto quando ci sono dei bimbi, è spesso molto complicato come ho raccontato nell’inchiesta. Non dovrebbe essere così. Il gruppo di esperte del Consiglio d’Europa sulla lotta contro la violenza nei confronti delle donne (Grevio), nel suo rapporto pubblicato all’inizio di quest’anno sull’applicazione della Convenzione di Istanbul, aveva esortato le autorità italiane ad adottare maggiori misure per proteggere le donne dalla violenza. Si era espresso anche sulla violenza domestica dicendo che il principale fattore che ostacola l’efficace applicazione del reato di maltrattamento per combattere la violenza nei confronti delle donne è l’assenza di una comprensione sufficientemente adeguata della violenza.
3. Il giornalismo d’inchiesta con vocazione sociale e umanitaria che GLT sostiene dovrebbe essere un pilastro del giornalismo da salvaguardare, sostenere e incrementare di valore, di fronte ad un muro di fake news e di un imperante analfabetismo funzionale nel Paese. Perché, secondo Te, in Italia, è difficile comprendere che alzare il livello e la qualità del giornalismo, oltre ad essere una salvaguardia democratica, aiuterebbe anche una categoria che sta vivendo un momento così difficile a discapito di tutti noi e della nostra sete di un’informazione libera e trasversale sui fatti?
Il giornalismo d’inchiesta scava, non resta in superficie. Richiede tempi lunghi e risorse adeguate che non sempre i giornali hanno. Il giornalismo odierno spesso, invece, si muove veloce, segue i tempi dettati dai social, e, a volte, è inevitabile che produca false notizie e contenuti poco accurati. Un altro problema che ha il giornalismo in Italia è il mancato ricambio generazionale nelle redazioni. Significa rinunciare ad avere punti di vista nuovi e sensibilità diverse, essenziali per il giornalismo e soprattutto per quello d’inchiesta, che potrebbero rivitalizzare un ambito a cui servirebbe più che mai di nuovo vigore.