Home / Newsletter GLT / Il Fintech: da nuova imprenditorialità a tecnologia per conciliare lavoro e famiglia
Con la nascita del Fintech i mondi della finanza e dell’ICT si sono avvicinati così tanto al punto da lanciare una vera e propria sfida, che coinvolge sia il mondo imprenditoriale sia le famiglie.
In sostanza il Fintech mette in campo una innovazione complessa che prende le mosse dal cambiamento delle modalità di erogazione dei tradizionali servizi finanziari attraverso le tecnologie ICT, input al miglioramento continuo di tutte le attività finanziarie, che ha i suoi punti di forza nella velocizzazione dei passaggi e nella semplificazione di controlli e verifiche.
La logica di governance non è cambiata, ma si è riorganizzata attorno ai concetti di decentralizzazione, di fiducia tra tutti i soggetti e di trasparenza per garantire una migliore customer experience (offerte personalizzate, agilità nella fruizione da qualsiasi dispositivo e 24 ore su 24).
Secondo il report della Banca D’Italia Fintech in Italia. Indagine conoscitiva sull’adozione delle innovazioni tecnologiche applicate ai servizi finanziari (Dicembre 2017) le iniziative Fintech possono essere raggruppate in 7 macrocategorie – Tecnologie per contratti e operazioni a distanza (gestione dell’identità elettronica e/o riconoscimento a distanza del cliente), Tecnologie a supporto (Big Data, Intelligenza Artificiale, Cloud Computing), Servizi di pagamento, Servizi automatizzati per il cliente (consulenza finanziaria automatizzata, comparazione di offerte servizi, customer relationship management autorizzati con soluzioni di intelligenza artificiale), Crowdfunding, Valute virtuali, DLT e Smart Contacts (tecnologia a registro distribuito) – con un grado di coinvolgimento intenso ma lo stanziamento di importi esigui: dal report emerge una forma di scetticismo nell’investimento di risorse adeguate per modificare i modelli imprenditoriali tradizionali riconducibile a problemi di sicurezza informatica, alla complessa integrazione con le infrastrutture informatiche esistenti, alla difficoltà di adeguare assetti organizzativi e processi operativi consolidati.
Il nodo cruciale per cui il fintech in Italia sembra avanzare con lentezza sta nella fiducia riposta nelle istituzioni tradizionali (e nella loro reputazione) e in una forse eccessiva tutela della privacy, per cui non siamo pronti a lasciare che le aziende usino i nostri dati, seppur per offrirci un servizi in grado di migliorare alcuni aspetti delle nostre vite; tuttavia un numero sempre crescente di investimenti in progetti pubblici e privati sulla tecnologia blockchain ci pone davanti ad una prospettiva diversa e alla potenziale perdita di occasioni di crescita.
Dal primo rapporto dell’ Osservatorio digital finance della School of management del Politecnico di Milano si rileva che a livello internazionale le aziende fintech nate hanno raccolto 26,5 miliardi di dollari di finanziamenti, questo a dimostrazione che sul lungo termine la sinergia tra banche/imprese fintech e quelle tradizionali sarà imprescindibile e fin da ora deve essere implementata, ovviamente con il supporto di una adeguata normativa in merito.
In Italia non mancano i buoni esempi da citare, penso per esempio alla Wine Blochchain EY, alla Moneyfarm, a Credimi, a Sardex, a Satispay (solo per citarne alcune).
Soprattutto penso sia un buono spunto riflessione sul tema prendere in considerazione l’apertura del distretto Fintech a Milano, come segno incisivo di cambiamento e canale di confronto.
Semplicità-Innovazione-Velocità da una parte Reputazione-Clientela-Capitale dall’altra parte: sono questi i due poli di potenzialità che devono interagire seguendo un’unica direzione orientata verso gli obiettivi di crescita e di competitività sul mercato.
La tecnologia deve essere la forza motrice di un cambiamento costante e soprattutto sostenibile, cambiamento che trova nell’analisi dei dati relativi ai singoli consumatori il suo valore aggiunto e la possibilità di orientare il consumatore verso scelte consapevoli ed informate in quanto pensate solo per lui secondo i suoi reali bisogni.
La nuova sfida si gioca anche tra Fintech e Techfin: dalla massimizzazione dell’uso delle tecnologie al miglioramento dell’esperienza dell’utente.
La famiglia media italiana inizia da poco a prendere confidenza con il mondo del fintech che, rispetto a questo segmento del mercato, si pone gli obiettivi di incrementare l’offerta di credito e di gestire il rischio sia di credito che di liquidità con un sistema digitalizzato.
Prendendo in considerazione la popolazione tra i 18 e i 74 anni, più della metà mostra interesse verso servizi o prodotti digitali, anche grazie al ruolo nella loro diffusione di App e Social Media, ma ad un esame più attento manca quella consapevolezza economica e finanziaria che avrebbe bisogno di essere colmata attraverso un piano di alfabetizzazione e/o maggiore orientamento sui temi dell’educazione finanziaria. Ad esempio, una delle criticità più pericolose riscontrate, soprattutto tra le fasce di età più giovani, è il rischio di una eccessiva semplificazione o addirittura di atteggiamenti quasi ludici nell’approcciarsi a processi di investimento e di risparmio.
Un risvolto della medaglia si può invece constatare, anche se ancora in maniera limitata, nelle potenzialità e possibilità di supporto alle famiglie in termini di welfare: è il caso della piattaforma Easy Welfare, che rende disponibile tramite un portale dedicato, semplice, intuitivo e dotato di assistenza, servizi e facilitazioni dove l’utente sceglie di spendere la quota di welfare di cui dispone.
Le ragazze e le donne sono coinvolte in maniera minore e/o marginale da tutto il mondo del Fintech.
Il Fintech è nella maggior parte dei casi maschile, nonostante la competenza sia Gender Neutral – come ha affermato Paolo Sironi nel corso del suo intervento al Salone di Pagamenti – nonostante realtà importanti come Mastercard puntino sulla diversity come priorità, incentivando programmi di formazione rivolti alle ragazze STEM. Le buone prassi sui temi della parità di genere sono costantemente implementate, spesso facendo ricorso all’esempio di modelli femminili promotrici di cambiamenti a forte impatto sulla vita quotidiana, ma le famiglie ancora oggi sono custodi di valori tradizionali e frenano, il più delle volte in modo inconsapevole, l’empowerment delle ragazze, ostacolando il processo di crescita ed evoluzione di una società con reali pari opportunità.
Di Serena Spagnolo